Una comunità, raggiunto un certo numero di appartenenti, di stabilità, di presenza tangibile, esprime l’esigenza di vivere la propria cultura, nella sua forma omnicomprensiva. La parallela integrazione con le comunità ospitanti permette la conoscenza di altre peculiari forme, ad essa affini. Diverse tematiche, diverse gradazioni di problematiche, talvolta anche bizzarre soluzioni perfettamente plausibili, ne differenziano lo sviluppo.
Nel trasferirsi, più o meno stabilmente, nasce così l’esigenza di traghettare le esperienze precedenti nella nuova sfera di relazioni, essa sì piccola ma anche composta di portatori, consapevoli o meno, di una grande tradizione artistica ancor oggi visibile, tangibile, ammirata, talvolta ostentata con deleteria arroganza.
Perché non il teatro, allora?
Quello che un gruppo di temerari, nel 2018, ha deciso di fondare come prima, ed al momento unica, realtà teatrale strutturata in lingua italiana in Norvegia. Teatro, un termine-ombrello, è divenuto talmente generico da obbligare ad essere definito, come se fosse razionale stabilire una scala di apparente maggior qualità o precisione d’indirizzo.
Non siamo d’accordo con le divisioni burocraticamente obbligate tra il teatro per fasce di età, per generi, per categorie o per nazionalità, né siamo d’accordo con le risultanti categorizzazioni tra il sacro, il profano, l’osceno o il celestiale. Il teatro, nella sua irrisolta completezza, è un veicolo espressivo che si avvale di tutte le tecniche disponibili, o le inventa; che sperimenta o segue il solco delle tradizioni; che comprende come ogni testo sia rappresentabile, anche il più complesso o impossibile, e che vada solo trovata la chiave per metterlo in scena, ricercando.
Non ci sono limiti, nel nostro voler fare teatro. Non ci sono testi non validi. Magari ci sono testi, racconti, temi, storie, che non hanno il peso giusto per incidere in quel momento storico specifico, e vanno temporaneamente accantonati ma sempre tenuti disponibili per letture nuove, o riletture vecchie con occhi diversi in tempi storici diversi. Il teatro è un racconto fatto in pieno giorno da un personaggio in piedi su un sasso, col silenzio attorno e un pubblico di passanti con le orecchie aperte, pronte a cogliere il guizzo di ogni significato, ora nuovo, ora diverso, ora insinuante, ora diretto, sibillino, schietto, di coraggio, di morte, di amore grezzo, di tradimenti. Specchio di una società che quel giorno passava e venne attirata da un certo Tespi, raccontatore di storie. Noi siamo li e abbiamo ascoltato e abbiamo raccolto, insieme a milioni di altri. Questo è il nostro agire che offriamo, lavorando nell’ombra della preparazione di mesi e talvolta anni, emergendo una e forse due volte nel ciclo solare ma immersi sempre in questo mare in cui tutti nuotiamo e viviamo.
Con questo spirito, presentiamo spettacoli sempre di tematica diversa ma profondamente ancorati ad eventi mitologici o reali, esistenti, immaginati ma anche incorrenti nei fatti di natura sociale, personale o storica. Poliedrici e volutamente interrogativi, capaci di ironia e sarcasmo, di violenza esibita e rappresentata, di affilatissime sequenze verbali, di rozze cadute nel corporale, in quel connubio inestricabile, tra lingua alta, lingua bassa, gergo quotidiano, tecnicismi, esse tattiche e strategie del vivere in una società moderna, complessa e con molti aspetti tragici ma anche ridicoli e tali da piazzarli su un palcoscenico e farne strame. È prassi e vanto della compagnia di presentare i testi in norvegese come sovra-titoli, in un ulteriore sforzo di avvicinamento culturale che si spera possa un giorno integrarsi compiutamente.