Tecnica operativa e progettuale

Scenografie/ spazi teatrali convenzionali e non

L’uso esteso di tecnologie di simulazione in 3D, consente l’esperire le molteplici possibilità in maniera virtuale, senza costi aggiuntivi, oltre alle licenze dei programmi.

La progettazione su tecnologia BIM, opportunamente adattata costruendo individualmente vecchi e moderni elementi laddove mancanti, o scaricandoli dalle varie librerie disponibili.

Esso vale per la vite microscopica, elemento iniziale di complessi meccanismi e per la conformazione dello spazio, vuoi con misure manuali o tramite scanning in 3D. Il geo-posizionamento permette anche la valutazione delle ulteriori condizioni sfavorevoli o meno, collocando lo spazio teatrale, con grande precisione, nei vicoli o nel tessuto urbano esistente, specialmente negli angusti vicoli che circondano i teatri dei borghi antichi.

Acustica – Audio

Stessa modalità di procedere nell’uso di tecnologie audio, facendo leva sull’esperienza decennale e estesa in vari campi, integrandola con le proprietà meccanico-acustiche dei materiali considerati, o integrando quanto già l’esperienza ed il colpo d’occhio cattura.

Stabiliti i limiti ed i confini acustici dello spazio, se ne studiano le soluzioni possibili, vuoi nel calcolo modale o delle riverberazioni incombenti. L’addomesticamento di questi ed altri elementi architettonici-strutturali, permetterà la fruizione al meglio possibile delle qualità timbriche e dinamiche espresse dagli interpreti, essi anche capaci di sfruttare e/o giocare con le risultanze acustiche stesse.

Questo approccio è tanto più valido quando si opera in luoghi di elevata rilevanza artistico-estetica, quali se ne trovano a migliaia nei paesi mediterranei e altrove. I vincoli, pur complicando l’esistenza, rappresentano una sfida tecnica che va raccolta e condotta, unitamente al resto.

Troppo spesso i suoni sciatti, le indecenti microfonature metalliche, con gli onnipresenti serpentelli lato bocca, strette dall’effetto Larsen sempre incombente, deturpano l’altrimenti alta qualità vocale dell’interprete, temprate da anni di lavoro su sé stesso, virandone le sfumature verso la piattezza declamatoria, nasale, forzatamente priva di armoniche e timbriche umane, con ciò vanificando anche il lavoro di mesi di prove.

Non è sbagliato il concetto dell’uso della voce amplificata superata una certa dimensione fisica degli spazi teatrali, e non tutti gli architetti hanno le orecchie e le maestranze di Policleto il giovane1 tali da permettere ardite costruzioni di tale perfezione acustica, ma manca la considerazione e spesso il tempo dedicato alla ricerca timbrica di alta qualità, essa comportante l’uso e la profonda conoscenza di apparecchiature si digitali ma anche analogiche, in campo audio. L’uso e l’abuso di percorsi standardizzati resi ancora più estremi dalle tecnologie digitali, comportano la piattezza di cui sopra e di cui il teatro soffre, comportando anche la dispersione di approcci e tecniche più eufoniche e musicali.

È per noi fondamentale operare in spazi di dimensione umana, tali da permettere vuoi il silenzio totale, vuoi la completa comprensione dei testi che rappresentiamo.

Questo comporta la rinuncia ad operare in grandi spazi dispersivi, a meno che non si stabiliscano le condizioni tecniche di cui sopra, esse sempre in secondo piano rispetto alla qualità ricercata e mai dominata da alcunché di tecnico o di supposta impossibile soluzione.

Luci – Ombre – Corpi illuminanti – Tecniche di regolazione

Le luci rappresentano una nota dolens, da cui sembra non esservi via d’uscita.

Le nuove tecnologie mal si sposano coi decenni precedenti di acquisita finezza operativa e sensibilità.

I difetti intrinseci dei corpi a LED, anche se costruiti per ambito fotografico-cinematografico e in ricaduta, teatrale, sono evidenti e non superabili, allo stato attuale.

Laddove essi risolvono grandi problemi tecnici (raffreddamento, consumo, compatibilità ambientale, peso, etc etc) ne creano di enormi laddove le luci, come in ambito teatrale, hanno parte della loro potenza espressiva nel dosaggio come linguaggio.

I led si accendono subito, seppur con poca emissione luminosa, e non consentono alcuna regolazione qualitativa nel campo di minore sensibilità dell’occhio umano, con ciò tagliando via di netto grandi possibilità espressive, consegnando la creazione artistica nelle mani dei fabbricanti i suddetti apparati, avendo deciso loro, per imposta limitazione, cosa debba essere eseguito in scena.

Questa è una presa di posizione polemica e voluta, a causa di costrizioni sempre più limitanti nell’uso di tecniche sedimentate. Allo stato attuale, irrisolvibile.

La sola possibilità risulta nel continuare ad usare i vecchi metodi e sperare che il problema venga risolto ma visti i numeri del teatro, di gran lunga inferiori al Cinema o alla TV (che non hanno questo problema), ne dubitiamo fortemente.

Altrettanto può dirsi per le teste mobili o i motorizzati in genere. Essi sono una continua fonte di disturbo, pur con le ventole silenziate e l’unica possibilità è, tenerli spenti.

Il solo vantaggio dei Led e dei motorizzati consiste nella densità dei colori generati, estremamente compatta e determinante un enorme risparmio di filtri e gelatine, purtroppo il costo viene solo spostato su console di regolazione sempre più complesse, costose, contorte e con lunghissimi tempi di programmazione da parte di sacerdoti del cursore, oltreché mancanti della rapidità di intervento di una corrispondente analogica.

Viene da pensare e sperare che, come dopo l’ubriacatura digitale in campo musicale iniziata negli anni 90, anche nel mondo illuminotecnico si faccia strada una concezione più articolata e meno specializzata, spesso inutilmente, talmente tanto che bisogna usare oggi una console da 50.000 Euro per accendere una lampadina da 60w, del valore di un Euro (i paradossi della tecnologia, resa isteria).

L’evidente mancanza di proporzioni e di alternative, costringe all’uso continuato delle vecchie tecnologie con lampade a filamento, pur non ponendoci noi come passatisti (la nostra prima console digitale venne acquistata nel 1987- “ARRI Imagine”) ma trovandoci nella impossibilità di poter continuare a farlo, a mano a mano che mancheranno i pezzi di ricambio o le lampade specifiche (ed i prezzi, sono da collezionisti, ormai!).

Siamo inclini ad usare le tecnologie più avanzate e non intendiamo tornare ad usare le ottocentesche luci a gas ma i problemi tecnico-artistici affrontati e risolti negli anni 60-70-80, con le console di regolazione separate dal corpo elettronico di potenza, sono di nuovo davanti a noi, nuovamente come ostacoli, senza soluzioni di pari qualità illuminotecnica in vista.